Questo mausoleo fu fatto costruire da Adriano per accogliere la sua salma e quelle dei suoi successori. Per mettere in comunicazione tale sepolcro con la regione del Campo Marzio fu costruito un ulteriore ponte sul Tevere, il Ponte Elio , che fu inaugurato nel 134 d.C.. I lavori di costruzione del mausoleo furono completati, dopo la morte di Adriano (138 d. C.), nel 139 d.C., da Antonino Pio : in un primo tempo, dunque, Adriano trovಠsepoltura in altro luogo e, precisamente, a Pozzuoli.
L’edificio aveva un basamento in mattoni quadrato, di 89 m di lato e alto 15 m. Entro questo recinto vi era il tamburo circolare, in opera cementizia, del diametro di 64 m, alto 21. All’esterno tutto il mausoleo doveva apparire rivestito di marmo. L’ingresso attuale è più alto di quello originale, che sostituisce, di circa 3 m. Attraverso il corridoio si arriva ad una camera quadrata (vestibulum), con una nicchia semicircolare nel muro di fondo, dove doveva essere disposta una grande statua di Adriano. Sulla destra di questa stanza ha inizio un corridoio anulare, pavimentato in mosaico bianco, che porta alla camera funeraria: 4 pozzi verticali servivano a illuminare la galleria. Essa descrive un giro completo, raggiungendo un livello di 10 m di altezza rispetto alla stanza quadrangolare (vestibulum). Da qui un corridoio reca alla stanza sepolcrale, posta esattamente al centro del monumento. In questa stanza quadrata, in origine interamente rivestita di marmo, trovarono sepoltura i successori di Adriano, fino a Caracalla . Al di sopra di questa vi sono altre due stanze e, sulla sommità del monumento, un podio sosteneva la quadriga bronzea con la statua di Adriano. L’uso sepolcrale del monumento cessಠcon Settimio Severo (193-211 d. C.). Già intorno al 400 d. C. il mausoleo fu incluso in un bastione avanzato delle Mura Aureliane , realizzato probabilmente da Onorio. Da questo momento il sepolcro, finora chiamato Adrianeum o Templum Adriani, prese il nome di Castellum. Nel 537 d. C. sostenne l’assedio dei Goti di Vitige e fu in quell’occasione, come racconta Procopio, che i difensori utilizzarono come proiettili anche le numerose statue che ornavano il monumento! Intorno al X sec. probabilmente avvenne la trasformazione in castello: fortificato da Crescenzio, della famiglia di Alberico, assunse il nome di castrum Crescentii. Teodorico lo adibì a prigione (Carceres Theodorici) e tale funzione fu mantenuta al “castello” anche sotto i papi e con il governo italiano, fino al 1901. La statua dell’Angelo, che dà il nome al castello, fu posta sulla sua sommità in ricordo dell’apparizione a S. Gregorio Magno, nel 1600, dell’angelo che, rinfoderando la spada, annunciava la fine della grave pestilenza che aveva colpito Roma. Accanto alla statua dell’angelo è la Campana della Misericordia, che annunciava lugubremente le esecuzioni capitali. L’angelo attuale è di bronzo ed è opera di Pietro van Verschaffelt: esso è il sesto della serie. Il primo, di legno, fu sostituito per consunzione; il secondo, di marmo, crollಠe andಠa pezzi; il terzo, di marmo, fu abbattuto da un fulmine; il quarto, di bronzo, venne fuso per farne cannoni nel 1527, durante il Sacco di Roma ; il quinto, di marmo con ali di bronzo, è oggi nel Cortile delle palle (detto così dai mucchi di palle di cannone di tutte le misure che costituivano il munizionamento del castello). L’attuale, di bronzo, nel 1798 fu dipinto dai Francesi di bianco, rosso e azzurro e, con in testa un berretto frigio, fu ribattezzato “Genio della Francia liberatrice di Roma”. Nel Museo Capitolino è conservata una pietra circolare su cui la tradizione riconosce l’impronta dei piedi dell’Arcangelo, quando si fermಠper annunziare la fine della peste. Nel 1277 fu costruito il ” Corridoio Vaticano “, che conduceva dal Palazzo del Vaticano a Castel S. Angelo per fornire al papa una via di fuga in caso di pericolo. Terribili erano le sue prigioni, ancor oggi visitabili, specie la cella detta Sammalo o San Marocco, nella quale il condannato veniva calato dall’alto e a malapena riusciva a sistemarsi piegato in quanto non poteva stare né in piedi, né disteso. Tra gli illustri ospiti delle prigioni possiamo ricordare Benvenuto Cellini, il quale, riuscito a scappare, fu ripreso e gettato nei sotterranei, dove si consolಠdipingendo un Cristo risorto, di cui rimangono ancora tracce. Nella camera sepolcrale degli imperatori si rifugiarono Cola di Rienzo, alla sua prima cacciata nel 1347 e Clemente VII , durante il Sacco. Sotto Leone X e Pio IV si tennero nel castello anche spettacoli teatrali e, fino ai primi del nostro secolo, in occasioni speciali, vi si accendeva la Girandola, un fuoco d’artificio creato, pare, da Michelangelo . Oggi il castello è sede di un museo e le sue stanze sono splendidamente affrescate.